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lunedì 11 febbraio 2013

Three Steps to the Ocean - Scents

PER CHI AMA: Post-Metal, Karma To Burn, Loose, Pelican
Sfornare un disco strumentale credibile non è facile: ci vuole poco a scadere nella noia, e ancor meno a ripetere gli stessi passi dei più illustri colleghi, che del post-metal senza voce, hanno fatto il loro marchio di fabbrica. Il quartetto milanese dei Three Steps to the Ocean ci prova con questo "Scents", terzo lavoro in studio dopo un EP del 2007 e un full-lenght accolto con discreto successo due anni dopo. Gli ingredienti sono quelli che già conosciamo bene, niente di nuovo: l'alternanza di rabbia e malinconia, le chitarre stratificate, le tastiere oniriche, il pathos e l'atmosfera liquida, qualche crescendo ben orchestrato e una spolverata di elettronica qua e là. Il tutto è suonato con perizia, senza inutili virtuosismi e senza un’apparente soluzione di continuità tra i brani, che scorrono uniformi e compatti come un unico viaggio di poco più di mezz'ora (scelta intelligente, la sintesi, per un genere difficile come quello strumentale). Il disco si apre con "Hyenas", tanto furiosa nell'iniziale riff di basso distorto – unico momento davvero memorabile del disco – quanto epica ed eterea nel finale. "Zilco" procede in punta di piedi per i primi due minuti e mezzo, per poi esplodere di disperazione urlata dall'unica voce del disco (è Federico Pagani dei Diskynesia). I primi dubbi arrivano con "Cobram", che dopo sei minuti un po' confusi, mi lascia con l'amara sensazione di canzone-riempitivo senza grossa personalità. "Rodleen" viene salvata da un intelligente inserto di batteria elettronica, ma il disco torna a deludere con l'ossessiva "Collider", che chiude il disco: oltre otto minuti dove i Three Steps ripetono forse una volta di troppo la ricetta "malinconia-rabbia-malinconia" già ascoltata nei venti minuti precedenti. Stimo chi affronta con coraggio e ostinazione una strada complicata come quella del post-metal strumentale. I Three Steps to the Ocean suonano bene e compongono benino, sono una realtà nostrana decisamente atipica e vanno supportati anche per la scelta di pubblicare un album col sistema del name-your-price ("Scents" si scarica dal loro sito, il prezzo lo stabilisce l'ascoltatore). Non me la sento di dire che sono noiosi, intendiamoci: il punto è che l'ascolto di "Scent" richiede davvero molta concentrazione per essere apprezzato: l'eccessiva omogeneità tra i brani rischia di trasformarlo in semplice colonna sonora di sottofondo, che dimenticherete dopo pochi minuti. (Stefano Torregrossa)