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mercoledì 29 maggio 2013

Talbot - Scaled

#PER CHI AMA: Stoner, Post Metal, Doom
Non sono la persona più indicata per recensire lo stoner, ma trattandosi degli estoni Talbot, che seguo sin dal loro esordio e che ho già recensito su queste stesse pagine con “Eos”, ho voluto fare un’eccezione. “Scaled” esce autoprodotto, orfano del supporto della Slow Burn Records, ma poco importa, il risultato è comunque garantito. Il duo di Tallinn torna coi loro bei riffoni super ribassati a centrifugarmi l’animo ed eccole di nuovo ronzare nella mia testa le ritmiche dei mitici esordi dei Cathedral, quelli di “Forest of Equilibrium”, con quel vocione maligno ad alternarsi alle cleaning vocals. Il doom ancora una volta si coniuga sapientemente con lo stoner in lunghe fughe space rock contaminate da un melmoso sludge dotato di una vena post-, come sin da subito sottolineato dalla traccia in apertura, “Spectral Express” che mi fa innamorare della nuova release dei Talbot. La ritmica è sinuosa, martellante, ubriacante e manifesta ancora una volta quella capacità di attorcigliarsi, come un serpente ai rami di un albero. Facile dunque perdersi nei deliranti passaggi del duo baltico, che con questo nuovo “Scaled” vuole confermare quanto già di molto buono è già stato espresso in passato. Se si vuole trovare un difetto, mi viene da dire che forse troppo spazio è concesso al basso che alla fine rischia di essere fin troppo preponderante sugli altri strumenti, mentre vorrei sottolineare la straordinaria prova, stracolma di fantasia, del bravo drummer Jarmo. Se “Egomine” sembra inizialmente inseguire i classici dettami del genere, la seconda parte del brano lascia ampi margini alle deliranti elucubrazioni musicali dei nostri. Sono trascorsi un paio d’anni dal precedente album e continuo a trovare affascinante la proposta di questo act nordico, perché si distacca consapevolmente dagli stilemi del genere. Se “Delta” non desta particolarmente la mia attenzione, ci pensa la successiva e lunghissima “Shadowbird” a farmi ripiombare nei miei deliranti trip mentali, affidati ad un lungo incipit completamente strumentale, prima che le vocals, psichedeliche a loro volta, contribuiscano a stordirmi con la loro tonalità, tra l’urlato di scuola Lee Dorian e il cavernoso; la migliore song del cd. Il sound di “Scaled” rivela una maggiore padronanza dei propri strumenti da parte dell’ensemble estone, ma forse ne acuisce un po’ la staticità e quel senso di soffocamento. La title track è una breve e tranquilla traccia che apre con un lontano suono di tamburo ed una ruffiana melodia in sottofondo, con il vocalist che dapprima sussurra qualcosa nel microfono prima di esplodere nella conclusiva e nebulosa “Hallelucinogen”, song che palesa un senso di irrequietezza di fondo nelle sue chitarre liquide e nel suo cantano malsano, fino alle sue sacrali note conclusive. Un plauso finale anche alla minimalista cover in bianco e nero che decreta l’eccezionalità del duo composto da Magnus Andre e Jarmo Nuutre. E ora spiegatemi perché i Talbot siano senza una casa discografica. Misteri… (Francesco Scarci)

domenica 12 giugno 2011

Talbot - Eos

#PER CHI AMA: Doom, Psichedelia, Stoner, Cathedral, Electric Wizard
Ho ricevuto il promo di questa stuzzicante release e successivamente sapete cosa ho fatto? Sono andato sul sito dell’etichetta russa Slow Burn Records ed ho acquistato il cd del duo estone, senza alcuna esitazione e questo sarà quello che al termine di questa recensione vorrei suggerirvi di fare. Intro doomish affidata a “Threshold”, il cui riffone di chitarra viene ripreso anche dalla successiva “Cayenne”, che ci spara in faccia un sound che sembra saper coniugare alla grande gli insegnamenti dei primi Cathedral (riffs granitici e ultra slow) con lo stoner degli Electric Wizard, e con la voce di Magnus Andre che si diletta tra il growling più cavernoso e quello pulito (in taluni momenti addirittura cyber, per l’uso dei riverberi), mentre la musica perde ben presto quella sua linearità iniziale per aggrovigliarsi su se stessa in una delirante psichedelia, qui amplificata alla grande, dall’ampio spazio concesso ai sintetizzatori e dall’uso di chitarre dal forte flavour seventies. Con i minuti iniziali di “Observer X” vengo inglobato dalle visioni allucinogene della band di Tallin, come se mi spingessi pericolosamente in un viaggio di esplorazione spirituale, ovviamente solo dopo essermi calato pesanti dosi di acido lisergico. Cosi come accadde a Homer Simpson in una puntata del noto cartone animato americano, in cui il protagonista, dopo essersi mangiato un peperoncino super allucinogeno, ha delle visioni completamente distorte della realtà, e il suo spirito (un coyote) gli suggerisce come affrontare la vita, allo stesso modo, Magnus e Jarmo, ci prendono per mano e ci conducono alla ricerca di noi stessi attraverso la loro proposta musicale estremamente interessante. L’eco dello space rock emerge fortissimo nella breve title track, per poi lasciare il posto alla lunghissima (più di undici minuti) “Combat Zen Speech” che come una danza tribale attorno ad un grande fuoco, con i tamburi che picchiano ripetutamente, ci persuade ad abbandonarci alla sacralità della cerimonia, contraddistinta dal forte odore dell’essenze che saturano l’aria e di conseguenza le nostre menti. Ragazzi che botta, neppure l’uso delle droghe più forti del mondo, credo possa spingerci in un trip del genere, dove il battito del cuore accelera in modo pauroso, seguendo l’intensità sonora di questo “Eos”, il respiro si fa quanto mai affannoso e inaspettatamente ci ritroviamo barcollanti con i sensi totalmente alterati. Pur non essendo un amante di questo genere musicale, mi sono lasciato andare alla proposta dei Talbot, sono stato conquistato dall’impatto forte che ha avuto sui miei sensi, e ne sono rimasto da subito affascinato. Ultima nota da segnalare, oltre all’ottima produzione, è che il cd è stato rilasciato in versione digipack limitata alle prime 500 copie. Deliranti! (Francesco Scarci)

(Slow Burn Records)
Voto: 85