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sabato 15 luglio 2023

Sons of Shit - S_02 Freakshow

#PER CHI AMA: Rap Rock
"Nelle Puntate Precedenti..." riassume perfettamente il decadente stato dell'arte della musica italiana. Ascoltare per credere. È cosi che inizia il disco dei mantovani Sons of Shit. Il dramma è che mi aspettavo poi coordinate completamente differenti dall'incipit, quasi si trattasse di un grido di rabbia verso l'attuale scena italica e che la proposta dei Sons of Shit potesse essere una soluzione alternativa. Invece 'S_02 Freakshow' prosegue sulla falsariga, con un sound in bilico tra rock e rap, cantato in italiano e che vuole fare della parolaccia gratuita (o della provocazione - "Skit"), il suo punto di forza, magari per strappare qualche consenso in più. Ecco, trovarmi qui nel Pozzo con una versione rockettara degli Articolo 31 miscelati a Caparezza, è l'ultima cosa che avrei desiderato fare. I Sons of Shit sciorinano pezzi divertenti per chi ama questo genere di sonorità, in cui un rifferama alla Rage Against the Machine si incontra con il rap, il cantato che utilizzano principalmente i nostri. Mamma che fastidio. I pezzi poi ad ascoltarli organicamente non sono nemmeno male: sorvolando su una deboluccia "Venerdi 13", mi lascio trasportare semmai dalle sperimentazioni più indovinate di "Coca Colt", e quelle sue suggestioni alla "Knights of Cydonia" dei Muse, con suoni più riflessivi, e un garage rock con tanto di assolo finale. "Violet" racconta sicuramente una storia forte però in tutta franchezza, con un sound alla Måneskin (e penso a "Torna a Casa"), non credo che questo sia proprio lo spazio migliore dove mettersi in luce. Il disco prosegue su altrettanto simili coordinate, anche se "Coperti dall'Ombra", potrebbe essere un onesto pop rock con un bel basso a mettersi in luce in primo piano. Ad un certo punto però inizio a soffrire l'ascolto del disco e stappo una bottiglia di birra quando arrivo alla conclusiva "Fastidio" che sentenzia l'esatta sensazione che ho in corpo dopo l'ascolto di 'S_02 Freakshow'. Mi spiace, ma non fanno totalmente per me. (Francesco Scarci)

(Overdub Recordings - 2023)
Voto: 60

https://www.facebook.com/S0Sofficial/

giovedì 5 maggio 2022

ITDJ - De Mon Demon

#PER CHI AMA: Industrial/Rap
Fissiamo subito un punto di partenza qualora vogliate dare una opportunità a questo disco dell'act italico dei ITDJ (acronimo per Il Tipo Di Jesi, il progetto precedente di Tommaso Sampaolesi, una delle menti della band), ossia vi deve piacere l'hip hop e il rap alla Beastie Boys. Se siete dentro a queste sonorità, sarete in grado di apprezzare anche le successive mutevoli vesti dei nostri che vi porteranno nei pressi di EDM, industrial ed alternative. Se invece quelle sonorità indicate in precedenza non dovessero rientrare tra i vostri ascolti, beh lasciate perdere anche questa recensione. Si perchè 'De Mon Demon', e con l'opener "Spara a Zero" sancisce immediatamente l'utilizzo di un sound che all'interno del Pozzo dei Dannati stona parecchio, questo perchè le vocals (in italiano) del frontman sono puro rap, mentre il sound è costituito da sperimentazioni elettro trip hop. Per carità, il tutto è estremamente accattivante, i chorus ruffiani ("Lasciate parlare la musica, lasciate parlare me...") ti si stampano nel cervello e non ti mollano più. "Demone" continua su questa scia con un pezzo veloce, arricchito da una certa tribalità che si amalgama con l'electro sound che domina la ritmica in sottofondo. "Giù!" è più cupa quasi a meritarsi l'etichetta di dark rap, ma ancora fatica a convincermi, quasi quanto la successiva "Karma" che mi colpisce sicuramente per i testi, per i cambi di vocalizzi (auto-tune?), aspetti tuttavia più interessanti per palchi quali X-Factor o San Remo, non per il Pozzo e questo è più un monito per chi invia lavori inadatti ad essere recensiti (anche per scarsa conoscenza del genere) su queste pagine. Andiamo avanti e mi lascio sedurre dall'avanguardistica "Nella Stretta", finalmente un pezzo folle che mi colpisce per l'originalità dei suoi campionamenti, le voci stralunate del vocalist, e quei tappeti elettronici a creare atmosfere angoscianti, per un brano davvero figo. "Tutti Contro Tutti" miscela ancora rap, suoni tribali e sperimentazione elettronica, con il featuring alla voce di Matteo "Boso" Bosi. "Perdono Perdono Perdono" potrebbe evocare una Caterina Caselli d'annata, in realtà il pezzo ha un forte accento industriale che mostra un altro peculiare aspetto della band. A chiudere "Come ti Ricordi" prosegue con questo intrigante mix tra elettronica, rap ed industrial. La cosa buffa è che se avessero cantato in inglese o addirittura in tedesco, forse avrebbero spaccato di brutto, in italiano mi evocano una di quelle proposte che vuole mettersi in mostra a X-Factor. (Francesco Scarci)

(Peyote Vibes - 2022)
Voto: 65

https://soundcloud.com/itdjsonoio

martedì 17 agosto 2021

The Nerve - Audiodacity

#PER CHI AMA: Groove Metal, Rage Against the Machine
Era il novembre 2013 quando usciva questo funambolico disco da parte degli australiani The Nerve. Ed io che ero convinto che la label australiana fosse focalizzata quasi esclusivamente sul post rock/metal, vengo smentito dalle bordate di questo 'Audiodacity'. Per la serie ristampe da oltreoceano (Indiano questa volta), ecco il poderoso sound di questi musicisti (membri di Mammal, COG e Pre-Shrunk) che ci scaricano addosso badilate di melma infuocata. L'iniziale "14 Again" sembra un pezzo pescato dalla discografia dei Pantera, la successiva "Witness" fa l'occhiolino invece ai Rage Against the Machine, con quel rifferama sincopato ed un cantato quasi rappato, con una porzione solistica davvero avvincente ed un finale che pesca addirittura dai Faith No More. C'è un po' di tutto degli anni '90 in questo disco, facendomi sobbalzare e poi cadere dalla sedia. Il cantato rappato torna anche in "Poser (First World Problems)", altra hit di poco più di due minuti e mezzo che spingono a quel classico pogo isterico di massa. Ancora bei riffoni per "Be Myself" che evocano un che dei Pantera, con la linea di chiterra un po' più edulcorata ed una voce qui molto vicina al buon Mike Patton. I pezzi vanno ascoltati tutti d'un fiato, per questo mi lascio tramortire dall'hard rock robusto di "Excuse Me" senza farmi troppe domande, un pezzo che prende però le distanze dai pezzi ascoltati sin qui. Non male per groove e potenza ma forse ho maggiormente apprezzato i precedenti brani, sebbene assai più derivativi. Un plauso va sempre alla sezione solistica, sia chiaro. Si torna a volare con "There May Come a Time" ed un sound sempre ricco di melodia, rabbia ed energia che spinge all'headbanging furioso, enfatizzato ancor di più da esplosioni alla chitarra solistica. Ancora un rifferama di scuola texana per "The Insight" ed un cantato qui che potrebbe anche emulare un che di Phil Anselmo. In chiusura, l'indiavolata "Respect", che mette sotto i riflettori l'eccellente performance vocale del sempre bravo Ezekiel Oxe e del mago della chitarra Glenn Proudfoot. Bravi e convincenti. (Francesco Scarci)

(Bird's Robe Records - 2013/2021)
Voto: 75

https://birdsrobe.bandcamp.com/album/audiodacity

domenica 25 aprile 2021

Grosso Gadgetto & Pink Room - Woke

#PER CHI AMA: Experimental/Electro/Drone/Rap
Trovo francamente che il moniker di una band ne sancisca già in un qualche modo il successo; chiamarsi Grosso Gadgetto mi strappa sicuramente un sorriso, però non mi fa pensare a qualcosa di vincente, magari sbaglio io. Improvvisare poi con i Pink Room nel periodo tra il primo e il secondo lockdown francese poi, non deve aver fatto molto bene alle due band. Il risultato di questa jam session è 'Woke', un EP di cinque tracce che miscela sonorità elettroniche, drone, ambient, industriali con il rap. Ecco, tremo. E dire che la strumentale incipit, affidata alle inquietantissime atmosfere di "Birth", mi aveva fatto ben sperare per lo svolgimento del disco. Quello che mi ha intimorito infatti è stata la successiva "13", che apre con un rap core (ad opera dello special featuring di Oddateee, rapper americano) su sonorità droniche, un esperimento che non avevo mai sentito prima e che se non sufficientemente aperti mentalmente, rischia di comprometterne l'ascolto. Di fronte al mio scetticismo iniziale, ho provato a farmi forza, ascoltando e riascoltando il brano, provando a vincere le mie paure e cercando di avvicinarmi ad un qualcosa (il rap in particolare) per cui ho provato sempre una certa repulsione. E il risultato di questo ascolto mi ha portato a combattere i miei demoni e alla fine ad apprezzare le sonorità da incubo, cosi cerebrali e insane, di questo stravagante ed irrequieto progetto. Certo, è chiaro che queste sonorità non rientrano tra i miei gusti preferiti, eppure trovo nella musica dei nostri un che di affascinante che potrebbe avvicinarli ai conterranei C R O W N nelle loro ultime apparizioni, coniugati con un che del trip hop bristoliano (penso soprattutto alla terza "Once Upon a Hood") e con gli incubi degli statunitensi Dälek, il tutto suonato con una buona dose di improvvisazione di scuola jazzisitica, che si ritrova in tutte le cinque tracce dell'EP. Insomma, con mia grande sorpresa, devo confessare che pur temendo il peggio, sono invece riuscito ad apprezzare 'Woke', che alla fine chiude con le note atmosferiche di "Final Tape". Io a questo punto ritengo di avere la mente abbastanza aperta per accogliere nei miei sensi questo lavoro e voi, sarete in grado? (Francesco Scarci)

domenica 13 ottobre 2019

Vixa - Tutto a Posto

#PER CHI AMA: Crossover/Rapcore
Scrivo Vixa ma va letto vipera, sarà fatto e mi adeguo. 'Tutto a Posto' è l'album d'esordio di questo quartetto ferrarese che ammetto non incontrare proprio i miei gusti musicali, ma cercherò di essere quanto mai oggettivo nell'analisi del presente lavoro. Si parte col noise rock introduttivo di "Sbaglio da Me", una song che per almeno il primo minuto mi lascia ben sperare tra ritmiche cibernetiche ed un riffing compatto; quello che temevo era il cantato in italiano e le mie paure si tramutano in dura realtà, difficile da digerire perchè è il classico modo di fare degli artisti italiani che affidano interamente la scena al vocalist (non proprio un maestro nel canto), relegando in secondo piano gli altri strumenti, ma perchè? Molto meglio infatti la seconda parte del brano, quando voce e ritmica vanno a braccetto, anche se la performance vocale di Alen Accorsi lascia un pochino a desiderare. Ancora un buon inizio con "Borderline", tra l'altro il singolo apripista del quartetto, che si qui lancia in una commistione sonora tra crossover, rapcore e un roccioso rock, quasi un mix tra Rage Against the Machine, Faith No More ed IN.SI.DIA, il tutto condito da un colorito utilizzo delle liriche a base di "vaffanculo vari". Decisamente un passo in avanti rispetto all'opener. Con "Immobile", la sensazione, per lo meno iniziale, è di apprestarsi all'ascolto di un brano grunge, in realtà poi è un'alternanza ritmica adombrata a tratti, ancora dalla voce del frontman. E dire che la song si muove piacevolmente su coordinate stilistiche che evocano un che dei Deftones, ma ci sono ancora un po' di cosine da aggiustare, perchè la strada sembrerebbe quella giusta, soprattutto quando la performance vocale si amalgama in modo ottimale con gli altri strumenti. "Veleno (parte 1)" è un massiccio pezzo strumentale che si chiude con una sorta di parodia rap. "Riserva di Calma" è un altro brano che combina rap e rock, che forse poteva anche andare alle selezioni di X-Factor, pur di evitare di cadere tra le mie grinfie e dire che comunque a livello di testi, i Vixa sono anche interessanti (e socialmente attivi). "Veleno (parte 2)" è un brevissimo intermezzo che ci porta a "Illuso", il pezzo più oscuro del lotto soprattutto a metà brano dove c'è un bel rallentamento atmosferico e degli ottimi suoni, tra stoner e space rock, decisamente il mio pezzo preferito e anche quello più convincente, soprattutto per l'uso di voce e keys. "Lavoro di Stomaco" sembra aprire sulle note di uno dei primi pezzi dei Metallica per placarsi immediatamente e affidare lo stage ad Alen in un'evoluzione litfibiana del brano di cui sottolinerei il chorus, graffiante e accattivante quanto basta. A chiudere il disco ecco la nevrotica title track, schizoide nella sua natura ritmica e rapper nel cantato, infine detonante nella sua magnetica conclusione. Un lavoro per quanto mi riguarda interessante, che con qualche aggiustamento in più, potrebbe conquistare anche la fiducia di chi come me, non ama queste sonorità. (Francesco Scarci)

((R)esisto - 2019)
Voto: 67

lunedì 17 giugno 2019

Moodie Black - MB I I I . V M I C H O A

#PER CHI AMA: Noise/Rap
Avevamo lasciato Moodie Black poco tempo fa con la recensione del precedente 'MBIII', ed ecco che a sorpresa il duo americano, rilascia una nuova release di altri quattro brani, dal titolo che si lega ed evolve il suo predecessore. Anche in questo 'MB I I I . V M I C H O A' troviamo l'incedere lento e le sonorità industriali che minano i codici canonici dell'hip hop originale e più standardizzato, focalizzando ancora una volta lo strappo artistico verso una scena troppo abusata e priva di fantasia e sperimentazione. A mio avviso, anche stavolta la band di Los Angeles coglie nel segno, aprendo le frontiere con un suono violento e gelido, che non si risparmia, sdoganato dai dogmi del genere, distorto, affascinante ed introspettivo, senza una continuità ritmica, anzi, il taglio sonoro è frastagliato, fatto di fotogrammi diversificati e scomposti tra loro, minimali, industriali, noise oppure orchestrali, con aperture nelle composizioni che sembrano piccole colonne sonore fatte per un paesaggio post bellico, post guerra nucleare, apocalittico, accompagnate da uno spoken word duro e drammatico, anch'esso prevalentemente distorto come fosse una band harsh/EBM. In quest'ottica la canzone più rappresentativa è la conclusiva "32" (anche se il disco mantiene costante uno standard di qualità e produzione molto alto), che si presenta come una perla preziosa, oscura e radiosa allo stesso tempo, che rappresenta a dovere il percorso artistico intrapreso dai Moodie Black in questi ultimi tempi, con un ponte al minuto 1:43 che spacca la song in maniera brutale, drammatica ed inaspettata, con una sensibilità compositiva da vero fuoriclasse, come se la musica fosse virata in un grigio e cupo brano dell'ultimo Nick Cave, per poi rientrare in una coda esasperata dalle tinte minimal-rumoristiche, ossessive e soffocanti. La musica dei Moodie Black è un aut-aut, uno strappo contro il mondo da cui è stata generata, una musica che si ama o si odia, che non si associa facilmente e banalmente al contesto hip hop, perchè è frutto di un risultato artistico che vuole essere più alto e libero dai confini commerciali e stilistici. Quattro brani tutti da scoprire, pieni di immagini musicali diversificate tutte da apprezzare. Altra prova molto interessante e fantasiosa che associata al precedente 'MB III', forma un full length di tutto rispetto. Ascoltare per credere! (Bob Stoner)

giovedì 13 giugno 2019

Rature - Les Oublies d'Okpoland

#PER CHI AMA: Rap/Punk/Jazz, Massive Attack, Manes
Nel Pozzo dei Dannati si fa metal, che diavolo ne posso pertanto sapere io di rap/hip hop, manco mi piace, eppure c'è chi pensa che inviarci materiale di simili sonorità possa essere sempre un buon mezzo pubblicitario, il classico modo di dire "che se ne parli bene o male, l'importante che se ne parli". E cosi ecco trovarmi qui a parlare dei Rature, duo francese e del loro 'Les Oublies d'Okpoland', secondo atto della loro discografia. Diciamo subito che l'impressione che ho avuto all'ascolto di "Orgue", opening track dell'album (peraltro riproposta anche in versione remix con "Stone" alla fine dell'album), è stata più o meno la medesima di quando piazzai nel lettore cd 'Disguised Masters' degli Arcturus, con la sola differenza che qui si rappa e nel '99, in un disco estremamente sperimentale di una band già di per sé sperimentale, non lo si faceva. Poi ovviamente se sento uno dopo l'altro una serie di "yo", come accade in "Oldschool", non posso rimanere favorevolmente colpito, ripeto io ascolto metal e per quanto possa essere di vedute aperte, il rap non è certo il mio genere. Eppure quello dei Rature è un sound caldo che miscela in modo particolare hip hop, punk rock e free-jazz, insomma un bel pastrocchio. Non mi resta altro che farmi intrappolare allora e superare il mio blocco psicologico, facendomi avvinghiare dalle sinistre sonorità di "Poney" e da quel drumming elettronico accompagnato dalle litaniche vocals di arcturiana memoria. Sta a vedere che ci trovo anche godimento ad ascoltare questa musica, non lo escluderei aprioristicamente. È tempo di "Stone" e di un sound che mi evoca i miei trascorsi trip hop con Massive Attack (e gli album più sperimentali dei Manes) e diavolo mi ritrovo addirittura a scuotere la testa al ritmo strisciante dei Rature; questa sensazione tornerà anche in "Coma", dove ho ripensato a "Karmacoma" dei Massive. Che succede, la musica mi entra sotto la pelle, entra nelle vene e mi immergo completamente nel groviglio sonoro creato da questi due artisti. La successiva "Aeiou" non la amo particolarmente, forse troppo vincolata al rap e non proprio brillante a livello di testi, anche se poi quando parte il soundscape in background, ammetto di esserne particolarmente affascinato, vuoi perché riesco a trovare anche qualche similitudine con i CROWN. Il lavoro continua in questa direzione, abbinando alla trance sonica, una buona dose di sperimentazione che va ad ampliare ulteriormente i miei orizzonti musicali. Voi vi sentite pronti? (Francesco Scarci)

(Atypeek Music - 2019)
Voto: 74

https://business.facebook.com/AtypeekMusic/

giovedì 28 marzo 2019

Moodie Black - MBIII

#PER CHI AMA: Noise/Experimental/Hip Hop
Pensavo che l'hip hop avesse le strade chiuse di questi tempi, le idee fossilizzate, un futuro poco costruttivo, una morte imminente dopo tanti anni dalla sua nascita, fino a quando non ho ascoltato 'MBIII', nuovo EP dei Moodie Black, band losangelina piena di fantasia e di geniale abilità nel ridare lustro a questo genere. Il duo presenta, esasperando e rinvigorendo lo stile tipico che lo contraddistingue (una tipologia di suono di rottura, spesso non apprezzata dalle comunità hip hop più tradizionaliste), quattro tracce dall'incedere lento, sulla base del trip hop, reso agghiacciante e drammatico, grazie alla scelta ingegnosa di usare sonorità vicine all'ambient noise e all'industrial più sperimentale e tanto lontane dal tipico sound, commerciale, pop e metropolitano. La voce profonda si muove tra spoken word e rap, lacerata di continuo da una serie di distorsioni che la fanno apparire inumana e fantascientifica, una litania aspra e dura, un sermone acido, seguito da musiche rigurgitate dopo un'overdose di rumori glaciali, divisi tra digital hardcore e il Gary Numan di 'Jagged', inoltre posso aggiungere che, inverosimile ma vero, queste melodie industriali potrebbero andare a braccetto tranquillamente con gli ultimi Godflesh (ovviamente immaginati in veste hip hop), mostrando fieramente la poca attinenza con i padri luminari della scena e puntando ad una genuina quanto incisiva forte personalità. Quindi, immagini violente, cupe, notturne, rigide riflessioni e sofferenza, sono la chiave di lettura di questi quattro brani dalla potenza inebriante, brani al vetriolo che superano la soglia del sentito fino ad ora, fatti per alzare l'asticella della qualità e portare in alto la voce dell'hip hop sotterraneo, al di fuori degli schemi, mischiandolo con improbabili sonorità, proprio come a suo tempo fecero i Cypress Hill in maniera impeccabile. L'impegno per la causa transgeder (LGBTQ), che vede coinvolto di persona il frontman Chris Martinez (alias Kdeath), ha permesso a questa band di portare in musica una serie di problematiche, paure ed emozioni, spaccati di vita vissuta, in maniera artistica esemplare, componendo un album durissimo ed intenso, certamente degno di nota, un disco traboccante di originalità e veramente estremo. Ottima release! (Bob Stoner)

venerdì 8 febbraio 2019

As a New Revolt - TXRX

#PER CHI AMA: Rapcore, Rage Against the Machine, Nine Inch Nails
Non sono il più grande entusiasta quando si parla di rap, non mi ha mai trasmesso più di tanto a parte alcune rare eccezioni. Beh, gli As A New Revolt è una di queste! Si tratta di un disco abrasivo e pieno di disagio, le chitarre sono ruggenti e spigolose, la batteria è presente e martella come un treno in corsa, ci sono dei synth, unica reminiscenza dell’hip hop anni '90. La voce infine, pungente e penetrante completa un quadro sonoro che riesce a sbordare dai confini sia del rap che del rock, scavandosi un piccolo loculo tra le due grandi potenze. A me vengono in mente i Rage Against the Machine, ma anche gli Incubus e i Nine Inch Nails, 'TXRX' non è un disco felice o strafottente come la maggior parte del rap che mi capita di sentire, c’è molta intensità tanto che a volte le cuffie riversano delle urla efferate di gola (Manu stai attento che ti fai del male!), tanto da sembrare quasi che qualcuno stia subendo un'indicibile tortura ma che allo stesso tempo, stia lottando con tutte le sue forze per liberarsi da essa. La potenza espressiva di 'TXRX' coinvolge l’ascoltatore in un vortice di rabbia e di energia selvaggia, parole come lance immerse in un mare di frequenze malate e disturbanti sostenute da rimiche tribali ed imprevedibili. Un bell’esempio di come il rap non sia solo berretti di traverso, pantaloni larghi e frasi senza senso, bravi continuate così! (Matteo Baldi)

(Sand Music - 2018)
Voto: 75

https://www.facebook.com/asanewrevolt/

giovedì 29 novembre 2018

One Day as a Lion - S/t

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Rapcore, Rage Against the Machine
Il lungamente atteso e velocemente dimenticato extended play dei One Day as a Lion mette in scena l'unica e ultima furibonda espressione successiva alla fuoriuscita dai R-A-T-M del lirismo acuminato e formidabilmente incursivo di Zack de la Rocha. L'insensatezza oscena delle guerre sante, tristemente attuali, ovviamente sconfessate dai profeti Cristo e Maometto nella fucilante "Wild International" diventa ahimè generica invettiva anticlericale (“Your God is a homeless assassin”, come non essere d'accordo?) nella prosaica "Last Letter". "If You Fear Dying" racconta il ruolo necessariamente e fieramente militante dell'autore, quello stesso ruolo che condusse allo sciagurato discioglimento dei Rage Against the Machine. E poi la brutale violenza di strada ("Ocean View") che assurge a espressione di un'inevitabile apocalisse moderna ("One Day as a Lion"). Se "Wild International", in apertura, riporta vagamente alla memoria il R-A-T-M sound che ricordavate, asciugatevi le lacrimucce, il dissonante prosieguo drum n' drone, squisitamente lo-fi, confusamente collocabile tra certo gangsta-noise ("If You Fear Dying") e i Jane's Addiction impallinati in un driveby ("Last Letter"), riuscirà, per motivi opposti, a fare esattamente ciò che fece il primo album degli Audioslave: confondervi. Il motto “meglio un giorno da leoni che una vita da pecora”, erroneamente attribuito a Benito Mussolini e recentemente ritwittato da Adolf Trump, fu commentato da Gramsci con queste parole: “la fortuna [di questo motto è] particolarmente grande in chi è proprio e irrimediabilmente pecora”. Chissà se Gramsci è mai stato tra le letture di Zack D-L-R. (Alberto Calorosi)

giovedì 3 maggio 2018

Clawfinger - Life Will Kill You

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Alternative/Nu/Rap
A distanza di due anni dal fortunato e incazzato 'Hate Yourself with Style', i leggendari nu/rap metallers svedesi Clawfinger hanno rilasciato il settimo album della loro discografia. Come sempre ci hanno abituato, il trio scandinavo ci spara un lavoro in grado di miscelare suoni provenienti da più disparati ambiti sonori, sempre capace di shockarci con la loro proposta fuori dal comune, per la presenza del cantato rap, che li ha resi famosi nella scena metal mondiale. Continuando il discorso intrapreso nella precedente release, che rappresentò il debutto per la potente Nuclear Blast, 'Life Will Kill You' contiene 11 arroganti e irriverenti songs, che non potranno non piacere ai fan di sempre della band, e potranno anche catturare l’attenzione di nuovi adepti e curiosi. L’album si apre con “The Price We Pay”, esaltante nel suo incedere, grintosa, melodica; bella song davvero, caratterizzata anche dalla presenza di archi. Segue la rappeggiante title track, forse il pezzo più ballabile dell’album, in grado di scatenare con il suo ritornello una delirante danza selvaggia. Il sound del combo, lungo gli 11 pezzi, si dimostra sempre sperimentale nella sua proposta, ed è bello constatare che dopo vent’anni di onorata carriera, la freschezza e l’entusiasmo dei nostri, si sia confermata al top anche in quello che è rimasto l'ultimo full length della loro discografia, ormai datato 2007. Zak, Bard e Jocke ci regalano alla fine ottimi brani, sempre orecchiabili (“Prisoners” e “It’s Your Life” sono le song che preferisco), tosti, talvolta danzerecci (ma nel senso che vi si può scatenare un pogo violentissimo sopra); samples elettronici, vocals femminili, influenze grunge e hardcore, completano un lavoro multi sfaccettato che mi sento di consigliare un po’ a tutti, dagli amanti del rock più classico ai metallari estremisti più incalliti. Le liriche trattano, al solito, temi scottanti quali la politica e il razzismo. 'Life Will Kill You" è un melting pot di stili, musica heavy metal a 360° di cui se ne sentiva la mancanza. (Francesco Scarci)

(Nuclear Blast - 2007)
Voto: 75

http://www.clawfinger.net/

domenica 15 aprile 2018

Prophets of Rage - S/t

#PER CHI AMA: Rap Metal, Rage Against the Machine
Più che rabbiose canzoni di protesta o gloriosi inni alla ribellione, la sedicente controffensiva dei Profeti della Rabbia (codificata in "The Counteroffensive", appunto) consiste di dodici generici brontolamenti da novantesimo minuto sulla coscienza di classe ("Strenght in Numbers"), la disuguaglianza sociale (la 110 di "Living on the 110" sarebbe l'autostrada che conduce alle zone residenziali di Los Angeles, lungo la quale vivrebbero migliaia di homeless in condizioni di estrema povertà), la privacy (già, la privacy, in "Take me Higher"), la menzogna del sogno americano (seguite il testo "Bombs droppin on cities where kids play / soldiers fallin' in the name of freedom hey / civilians buried in the rubble where dreams die / politicians spew lie after fuckin lie" di "Unfuck the World" e divertitevi a contarne i luoghi comuni). Le canzoni sono vecchie outtakes dei R-A-T-M e si sente ("20 kilotons of explosive rock’n’roll music of the R-A-T-M catalog", commenta in un'intervista Ottimismo Morello itself) ma il suono è indubitabilmente quello R-A-T-M (anche Audioslave, in "Legalize me" e "Take me Higher"), il tocco laser-chitarristico è inconfondibilmente quello di Ottimismo M. e il rapping è inconfutabilmente quello di Baperino-Real e voi, insomma, per quanto sia difficile ammetterlo in pubblico, voi per quelle cose lì ci avete un fottutissimo debole e non sapete proprio come giustificarvi. E perché poi dovreste? (Alberto Calorosi)

(Fantasy Records - 2017)
Voto: 70

http://prophetsofrage.com/

martedì 8 novembre 2016

Enemy Of The Enemy - Hellequin

#FOR FANS OF: Alternative Metal, Lamb of God, Machine Head, Slipknot
In existence for almost a decade, French metallers Enemy of the Enemy have provided a strong blend of styles together into their music as they’ve refined and honed their sound into their current hybrid style mixture. Taking plenty of solid churning groove-style riffing from modern metal, adding in alternative patterns and rhythms while dipping their feet into such diverse and seemingly disparate elements as ska, breakdown-heavy hardcore and slight rap influences in the vocals though they retain more of a solid metal growl for the majority of the time. It works nicely enough overall here when this is the main focus, keeping the strong churning riffs at the forefront which makes for some lively work here, but when it drops this in favor of spotlighting the bland, plodding ska is where this slips with the vast majority of tracks containing these at the forefront suffer highly from a lack of energy and are just plain a drag to get through and really highlights a distressing problem with this one. Still, there’s a lot to enjoy with this one. Opener ‘Lost Generation’ offers a slew of fiery churning riff-work and statticco rhythms that contain plenty of crunchy patterns as the switch-over into the series of bland noodling patterns carries out into the chugging final half for a decent enough opening charge. Both ‘Farm Boy’ and ‘Dangerous Species’ drop a lot of the churning riff-work for more of a down-tempo ska-infused charge which carries along into the droning noodling throughout that brings about the few churning riffing throughout the finale for decen enough efforts. ‘Oh Glory (Superstar)’ is a simplistic series of swirling grooves and a straightforward tempo which are carried on throughout unending into a series of rather simplistic and unending churning for a rather quick and unimpressive effort. ‘Angels Can Die’ also features the discordant noodling and plodding ska-infused rhythms yet keeps the churning grooves and more in the forefront here with the discordant patterns keeping the churning rhythms along through the finale for a rather enjoyable effort. ‘Nowhere’ features a straightforward and unyielding assault of simplistic swirling grooves with the occasional burst into fiery churning rhythms and hardcore-ish breakdowns throughout the final half for a strong and enjoyable highlight. ‘Smooth Pussy’ winds through bland and utterly unimpressive plodding that carries along into the series of churning riff-work with the electronica stylings throughout the final half being incredibly out-of-place and just makes for such a useless and uninteresting track, ‘Beast’ brings it back to the charging grooves and swirling patterns with plenty of lively rhythms alongside the mainly simplistic mid-tempo chugging featured throughout into the final half for a solid and much more enjoyable offering. ‘This Is A Gift’ uses the simplistic and deep churning groove riffing and simplistic breakdowns for a series of vicious, plodding patterns and swirling rhythms that bring about the chugging riffs into the sprawling finale for a solid enough track. Finally, album-closer ‘Vendetta’ goes back to the sprawling ska rhythms and plodding rhythms before charging back into the occasional burst of swirling groove patterns with the main sections on display containing the plodding paces which leaves to a wholly bland lasting impression overall. This is the main element wrong with this one overall. (Don Anelli)

domenica 2 ottobre 2016

Psykokondriak - Gloomy Days

#PER CHI AMA: Rap Rock, Rage Against the Machine
In passato diverse band hanno saputo fondere rock ed hip pop con risultati interessanti e su quest'onda, i Psykokondriak o P3K, hanno pensato bene di lanciarsi nella loro avventura musicale, iniziata all'incirca nel 2012, quando produssero il loro primo EP 'Hopital PsyKotrip'. Questo 'Gloomy Days' è un album che contiene dieci tracce, avvolte dal classico cd sleeve cartonato dalla grafica dark-comics. Mi sono lasciato trasportare dalla musica del sestetto francese (originario di Lille) dove è evidente il loro amore spassionato per RATM, Run DMC e Beastie Boys. Una band nata per far ballare la gente nei club o ai festival, mentre i due vocalist si divertono con il loro free style (molto ben fatto), accompagnati dalla tradizionale line-up chitarra/basso/batteria e un Dj. Le vagonate di funky arrivano con "The Fine Art of Terror" con un'intro azzeccata e ballerina, mentre le doppia voce rincara la dose e lo scratch impazzito è un buon sostituto degli assoli alla Tony Morello. La struttura del pezzo è classica, ben dosata e piacevole da ascoltare con allunghi ed esplosioni al punto giusto per trascinare l'ascoltatore. L'intro all'album " Introducing the Body Boys" è in pieno Beastie Boys style al 100%, con quella musicalità tipicamente West coast degli anni 80/90. Settantacinque secondi al top, ben rappresentati da una qualità sonora di registrazione, missaggio e mastering degna di una band ben avviata a livello di carriera. Andando avanti con i pezzi, approdiamo a titoli come "Think it up" dal freestyle roboante e "Hot Day, Hotter Night", più rilassata all'inizio, ma pronta ad esplodere a suon di riff veloci e graffianti. Il suono della chitarra è perfetto per il genere dei P3K, potente il giusto, senza cadere in sonorità troppo pesanti che avrebbero estraniato il genere, giusta anche la sezione effetti che va dal wah-wah, flanger/phaser e quant'altro. L'aggiunta del Dj poi alla formazione permette alla band di essere d'impatto anche durante i loro live show, aspetto non da sottovalutare per un gruppo che vive per suonare davanti ad una folla scatenata. Come per i RATM, basso e batteria sono fondamentali per costruire la spina dorsale dei brani, soprattutto quando la chitarra lascia volentieri spazio alla sezione ritmica, capendo che a volte è meglio togliere che aggiungere. Finalmente qualcuno ha capito come sfruttare questa potente arma compositiva. Fantastica infine l'outro elettronico che chiude questo ottimo 'Gloomy Days', un disco ben fatto e di qualità che spicca tra le produzioni rap/rock e affini al momento disponibili sul mercato. Da tenere sott'occhio. (Michele Montanari)

giovedì 3 settembre 2015

Smash Hit Combo - Playmore

#PER CHI AMA: Rapcore/Metalcore/Djent
Prendete il rap. No, non il crossover alla Rage Against The Machine né la old-school del ghetto: proprio il rap, rap bianco ed europeo per carità, ma pur sempre rap. Però cantato in francese. Metteteci sotto una base di metalcore tecnico votata al groove – tipo Periphery o Protest The Hero, per intenderci. Aggiungete una spolverata di suoni elettronici, synth ruvidi e percussioni sintetiche. Salite sul palco addirittura in otto elementi (tre voci, due chitarre, basso, batteria e sampler/piatti). E, ciliegina sulla torta, cantate fondamentalmente di videogiochi. Sì, videogiochi. Questa è la stramba ricetta dei francesi Smash Hit Combo, formazione decennale addirittura al quinto full length (più un EP nel 2005). Musicalmente il disco sta in piedi: non c’è quasi niente di nuovo e originale, ma non si può certo dire che chitarre, batteria e basso non sappiano suonare. Ci sono groove ben fatti, riffing interessanti, palm-mute in abbondanza, mitragliate di doppia cassa, velocità; c’è in generale quel suono sintetico e tagliente tipico del metal più contemporaneo. I brani – tolti giusto un paio di lenti (“Quart de Siècle”, “Déphasé”, “B3t4”) – sono però davvero troppo uguali a se stessi per lasciare un segno, costruiti su una identica forma (“In Game”, “Animal Nocturne”, “Le Vrai du Faux”, “48h”) che alterna ritornelli aperti melodici, strofe rappate e bridge urlati a ripetizione. La differenza la fa l’uomo dietro l’elettronica, che dosa piuttosto bene scratch, effetti, synth, campioni e beat con un’originalità non facile da trovare nel genere. Per giunta, il lavoro è masterizzato perfettamente da Magnus Lindberg, già alla console per i Cult Of Luna. Il problema però sono i tre cantanti. Insipidi, noiosi, con un flow davvero troppo piatto per risultare anche solo vagamente interessante (l’episodio migliore? Il featuring di NLJ al microfono in “48h”). Diciamoci la verità: è già dura rappare da bianchi senza essere ridicoli (chi si salva? Beastie Boys, Rage Against The Machine? Certi Faith No More? Sicuramente non Eminem, né Fred Durst e l’allegra compagnia del nu-metal); rinunciare a qualunque presa di posizione sociale o politica nelle liriche per cantare di videogiochi, e per di più farlo in francese significa segarsi le gambe. Certe urla – “Je ne suis pàààààààààààààs!” – sono davvero imbarazzanti. Imbarazzanti. Peccato. (Stefano Torregrossa)

(CHS Productions - 2015)
Voto: 60

mercoledì 4 giugno 2014

36 Stanze - Mattanza

#PER CHI AMA: Thrash groove, Sepultura, RATM
Ritmi frenetici si manifestano maestosamente nei primi secondi de "San La Muerte", opening track di 'Mattanza', opera dei piacentini 36 Stanze. Le tracce sono un susseguirsi di chitarroni granitici e batteria supercompressa, accompagnati da un cantato urlato o pulito, costantemente veloce, che a volte sfiora il rappato, sempre e piacevolmente in italiano. La situazione si raffredda un poco a livello ritmico nelle successive "Ottobre Uccide" e "Figlio di un Cane", dove emerge, oltre a una voce melodica e tranquillizzante, anche una chitarra pulita che ben presto si tramuterà nei sopracitati ricorrenti stilemi. Il disco rispetto al genere è abbastanza vario, dato che incorpora vari elementi del thrash/groove, nu metal, rapcore e i testi, seppur tremendamente bassi e scontati, danno comunque l'impressione di una buona ricerca a livello strutturale, dato che le voci riescono sempre ad armonizzare i vari contesti con le emozioni trasmesse dalle tracce. Sicuramente un lavoro ben curato, anche dal punto grafico, corredato poi da un packaging inusuale. Il tocco di stile riguarda poi ricorrenti chitarre acustiche e parentesi melodiche che raramente si ritrovano in un genere come questo. Bravi! (Kent)

(Self - 2012)
Voto: 70

mercoledì 21 novembre 2012

Gotto Esplosivo - L'Oro Del Diavolo

#PER CHI AMA: Rapcore, Nu Metal, Funk Rock
Con il moniker tratto dal libro "Guida Galattica Per Autostoppisti" di Douglas Adams, questa band dalla Val Brembana, sconvolge letteralmente il mio udito e rimango allibito dalla genialità delle canzoni, sopratutto dai testi cantati interamente in italiano. Come avrete capito dai tag, sto parlando di una musica dalla difficile catalogazione, e di cui io non sono un grosso fan. Però questi Gotto Esplosivo conquistano subito, con i loro movimenti groovy, il cantato velocissimo, i ritornelli catchy. Pura energia concentrata in dieci tracce per una durata complessiva di poco più di mezz’ora. A vantaggio di questo, una produzione cristallina e suoni limpidi, il tutto curato da Davide Perucchini, il fonico live dei Verdena. La ritmica gioca un ruolo importantissimo nelle composizioni del giovane combo e la voce in rima, tiene sempre alta la concentrazione sulla musica e nonostante qualche ripetitività, le canzoni si riveleranno assai creative, differenziandosi molto tra loro, non annoiando mai, vuoi perchè vigorose ed iperattive o semplicemente perchè di facile ascolto. Passiamo dalla prima parte del cd, con tracce come l'opener "Paura" o "Gelosia" con uno stile movimentato ed adrenalinico, verso composizioni meno aggressive, come "Sete" o "L'Occhio". Insomma, un disco variegato, originale e molto (troppo) allegro. Data la proposta musicale molto particolare, sono proprio curioso di vedere cosa salterà fuori dalle prossime pubblicazioni. (Kent)

(Ice Records) 
Voto: 75