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mercoledì 16 dicembre 2020

Empress - Premonition

#PER CHI AMA: Stoner/Sludge/Post Metal
Scovati quasi per sbaglio sul web per un evidente errore ortografico del sottoscritto, mi ritrovo oggi tra le mani l'album di debutto dei canadesi Empress. 'Premonition' segue infatti a distanza di tre anni l'EP 'Reminiscence' con il quale il duo di Vancouver diede voce alla propria personale proposta musicale che combina stoner, doom, sludge e post metal. Il tutto è chiaro fin da subito, quando "A Pale Wanderer" fa il suo debutto nel mio hi-fi. L'impianto ritmico è infatti quello stoner dei Mastodon con le chitarre granitiche e la voce di Peter Sacco (che peraltro suona anche nei Seer) che ammicca ai Baroness. Quello che mi conquista è la seconda parte del brano affidato quasi interamente al sibilare delle chitarre in tremolo picking e ad un arrembante cavalcata finale che sfiora il post black sia a livello ritmico che vocale, il che permette ai nostri di ampliare ulteriormente il proprio raggio d'azione, inglobando tra i propri fan anche i non puristi di sonorità estreme. E qui di apertura mentale ne serve parecchia, visto che con la seconda "Sepulchre" (uno dei single dell'album) si ritorna ancora in territori tipicamente stoner, anche se poi non mancano le esplorazioni verso un robusto hard rock sporcato di sludge non troppo melmoso a dire il vero, ma che comunque anche troppo pulito non è. "Passage" sembra un mix tra stoner, psych rock di scuola teutonica (penso ai berlinesi Elder), un pizzico di doom, ma anche una certa vena progressiva che esalta non poco l'output finale dei nostri. Con "Trost" si infiamma l'anima del duo originario della British Columbia, e si torna cosi a pestare sia sul piede dell'acceleratore che sullo sbraitare dietro al microfono, con la voce di Peter che aspira ad uno screaming quasi black, ma solo per quella manciata di secondi in cui anche la ritmica corre impazzita come un cavallo indomito. La song poi evolve attraverso forme stilistiche più evolute che chiamano in causa i Pallbearer, prima che la bastarda anima hard rock torni a rimpossessarsi dei due musicisti canadesi. Eppure c'è ancora tempo per sentire anche le velleità post rock dei nostri proprio in finale di brano. "Hiraeth" parte lenta e oscura, magnetica come poteva essere l'intro di "1,000 Shards" degli Isis e poi continua a muoversi in territori tipicamente post-metal ammiccando indistintamente a Neurosis e Isis. La title track è ancor più ispirata, disegnando splendide atmosfere post metal, complici gli ottimi arrangiamenti ed una song tra le più dotate di una forte emotività. Ma questo è uno standard degli ultimi pezzi visto che anche la conclusiva "Lion's Blood" guarda in questa direzione con un sound forse più abrasivo della precedente ma che comunque sottolinea le ottime eccellenti doti compositive della compagine nord americana, in una song riconducibile musicalmente al post metal più malinconico e crepuscolare. Il che la rendono un altro degli episodi meglio riusciti di questa prima prova su lunga distanza degli Empress. Insomma l'Imperatrice ha colto nel segno e non posso far altro quindi che invogliarvi all'ascolto di questo 'Premonition', credo che gli spunti che ci troverete, saranno di sicuro interesse. (Francesco Scarci)

sabato 26 ottobre 2013

Petrychor/Frozen Ocean - Autumn Bridges

#PER CHI AMA: Cascadian Black Metal
Come nella più classica competizione sportiva, ecco scontrarsi i contendenti delle due super potenze mondiali, da una parte gli statunitensi Petrychor e dall'altra i russi Frozen Ocean, quest'ultimi amici di vecchia data del Pozzo dei Dannati. Ad aprire le danze di questo split, ci pensa il cascadian black del mastermind californiano, Tad Piecka. “Tomorrow it will Rain Over Bouville” è una traccia di undici minuti che mischia il folklore degli Agalloch con la furia chitarristica e vocale dei Wolves of the Throne Room e la malinconia dei Panopticon, per un risultato davvero intrigante. Sprazzi acustici, un'alternanza umorale e intermezzi tribali ne completano l'opera. È la volta della one man band russa e di “To Drown in Hoary Grass”. Sappiamo quanto sia eclettico il musicista russo (punk, black, elettronica e ambient nel suo repertorio): qui ci propone due pezzi di black dal forte sapore epico: le sfuriate a livello ritmico non mancano di certo, ma come al solito sono le parti atmosferiche a farla da padrone in cui il buon Vaarwel ci spinge in una performance vocale di notevole spessore con voci assai evocative. L'unico neo nel sound della band russa, rimane quel tappeto ritmico affidato alla drum machine che molto spesso mi fa storcere il naso, per il suo suono cosi artificiale. Chiude la title track, una song strumentale dal flavour cibernetico, che fondamentalmente funge da outro ad uno split che in 23 minuti riesce a regalare sprazzi di buona musica. Sinceramente ne avrei graditi di più, ma confido nelle enormi potenzialità delle due band di offrirci nuovi album completi ricchi di quella componente black naturalista, ascolta quest'oggi. Un plauso ad entrambi. (Francesco Scarci)

(Wolfsgrimm Records - 2013)
Voto: 75

http://petrychor.com/
http://frozen-ocean.net/