Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Maeth. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Maeth. Mostra tutti i post

domenica 5 ottobre 2014

Maeth – Oceans into Ashes - Cd version

#PER CHI AMA: Post Metal, Isis, Cult of Luna
Ok, lo so, questo disco è uscito circa un anno fa e ok, lo so, è già stato recensito ovunque (pozzo compreso) in termini entusiastici. Il punto è che io sono un po’ lento. Ho bisogno di tempo e, soprattutto, ho bisogno di supporti fisici su cui ascoltare musica. Ecco perché ho decine, forse centinaia di album in mp3, sul mio hard disk, che non ho praticamente mai ascoltato. È che preferirò sempre avere tra le mani un cd, e al cd darò sempre la precedenza, rispetto ad un file da ascoltare (male) sulle casse del pc. Anche a costo di perdermi cose buone o addirittura ottime come questo esordio sulla lunga distanza dei Maeth. Quindi, in sostanza, ne scrivo adesso perchè adesso ho avuto la possibilità di ascoltarlo su cd, nonostante la lodevole iniziativa dei tre ragazzi del Minnesota di lasciare il dowload gratuito dal loro bandcamp. L’artwork mette subito di buon umore, con il suo cartoncino di qualità, gli adesivi e le illustrazioni a metà strada tra i supereroi Marvel, le divinità induiste e Yattaman. Sul contenuto non posso fare altro che accodarmi alla fila degli entusiasti o quanto meno, dato che l’entusiasmo è sentimento personale e soggettivo, a coloro che ritengono che 'Oceans into Ashes' sia un lavoro davvero eccellente. Riesce a centrare l’obiettivo tutt’altro che semplice di risultare estremamente vario e sorprendente pur essendo perfettamente a fuoco, coerente e affatto dispersivo. Quello che propongono i Maeth è un metal pensante, caleidoscopico, mutante, che coniuga le tensioni post di Isis e Cult of Luna con slanci quasi prog, che non scadono peró mai in un tecnicismo eccessivamente arido. L’intro di "Prayer", delicato strumentale elettroacustico, è scandito dal verso dei gabbiani, per cui ci si trova immediatamente in mare aperto, davanti agli occhi l’infinito oceano delle possibilità, che i Maeth finiscono per esplorare in lungo e in largo. "The Sea in the Winter" si fonde perfettamente alla successiva "Nomad", quasi come a formare una suite che è un viaggio negli stili e nella testa dei tre musicisti, dai riff serrati e le ritmiche non lineari di stampo post fino ad arrivare ad un doom ferale, passando per un flauto orientaleggiante assolutamente inaspettato. A sottolineare la drammaticità che i Maeth riescono sempre ad evocare, ci sono vocals sofferte e profonde, che completano magnificamente un meccanismo che sfiora piú volte la perfezione. E cosí si procede con la scurissima "Wolves", le parimenti ottime "Burning Turquoise" e "Troödon" fino alla conclusiva "Big Sky", splendido strumentale le cui improvvise aperture chitarristiche portano l’ascoltatore a stagliarsi in volo contro un cielo finalmente azzurro. Menzione particolare per quel gioiello di raggelante intensità che è "Blackdamp", drammatico spoken word su un bel tappeto di chitarra acustica. Gran disco, niente da dire. Meritatissimi tutti i complimenti ricevuti sin qui. Compratelo e custoditelo con cura. (Mauro Catena)

(Minnesconsin Records - 2013)
Voto: 80

venerdì 1 novembre 2013

Maeth - Oceans into Ashes

#PER CHI AMA:  Post/Stoner/Sludge, Cult of Luna, Isis, Pelican
Entusiasmo, punto. Non serve spendere altre parole per questa band del Minnesota. Bastano le note marine della spendida intro "Prayer", quindi l’attacco e la disarmante melodia di "The Sea in the Winter" a fare da ponte verso la monumentale "Nomad" (forse il miglior capitolo dell’abum)... cosa posso dirvi: tutto è perfettamente incastrato, armonico, dinamico, un macchinario dall’anima morbida e suadente, ma vivace allo stesso tempo, pronto ad inghiottirvi in un sol boccone, e siamo solo al terzo brano! Credetemi, una volta entrati nel mondo dei Maeth non se ne esce più, così come il loro disco che sta compiendo innumerevoli giri nel mio autoradio è destinato a rimanervi ancora per molto, perché ad ogni ascolto emerge qualcosa di nuovo, non notato in precedenza, mentre la sensazione di estasi aumenta nota dopo nota, riff dopo riff. Intendiamoci, i padroni di casa non hanno inventato nulla di nuovo, ma sono riusciti a fare quello che molti altri non hanno potuto o voluto, vale a dire trovare la perfetta quadratura del cerchio, rimodellando e plasmando la grandissima lezione lasciata da Isis, Cult of Luna, Pelican (data l’attitudine alle composizioni per lo più strumentali, dove la voce compie rare ma azzeccatissime incursioni, sia sporche che di grande coralità come nell’attacco di "Eulogy") e regalandoci qualcosa che suona terribilmente post, ma con tutta l’accezione positiva del termine: forse oserò troppo, ma mi piace pensare che i Maeth ci stiano regalando tutto quello che avremmo voluto sentire dai gruppi succitati e che per svariati motivi non sia mai uscito dai loro strumenti, qui evoluto e portato sino alle più alte sfere del sublime sonoro, con sprazzi di psichedelia arricchita da momenti ambient e tribali, popolati da tamburi e flauti notturni, a dare il personale tocco che rappresenta ormai un vero e proprio marchio di fabbrica (basti dare un ascolto all’altrettanto valido e magnetico EP d’esordio "Horse Funeral", altro must have). Insomma, resta solo da chiedersi cosa ci daranno in pasto in futuro, perché esordire col botto a volte può rivelarsi una lama a doppio taglio, ma in tutta onestà sono convinto che, quando si trasuda qualità e talento a tali dosi, la percentuale di insuccesso si attesti su valori molto bassi. Per intanto godiamoci questo capolavoro. Bravissimi! (Filippo Zanotti)