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sabato 24 settembre 2011

Inner Missing - The Age of Silence

#PER CHI AMA: Death/Doom, My Dying Bride, Saturnus
Nuovo album dei My Dying Bride? No, non credo proprio, ma il sound proposto dal combo di San Pietroburgo non si discosta poi cosi tanto da quanto offerto negli ultimi anni dall’act della terra d’Albione. Il four-pieces russo propone infatti un death doom di pregevole fattura che, forse solo nella sua opening track, non convince appieno, avendo quel sapore un po’ troppo scontato. Con “My Sickened Hope” invece, l’act della “Venezia del Nord” cambia registro e fornisce una prova davvero eccellente con pezzi ispirati che richiamano fin dal riff, posto in apertura di traccia, i gods inglesi e poi grazie alla prestazione vocale, eccelsa e sofferente di Sigmund, spingono per trovare una collocazione di prestigio nella scena death doom internazionale, a fianco di band del calibro di Saturnus e Swallow the Sun, su tutti. A parte queste due band, spunti provenienti dagli esordi degli Anathema, emergono prepotenti in questa prima fatica discografica degli Inner Missing, che segna appunto il loro debutto su lunga distanza, dopo l’EP “All the Lifeless” del 2009. Tutti questi riferimenti a molteplici band non sono da prendere tuttavia con negatività, in quanto il quartetto della città degli zar, reinterpreta con indubbia personalità, uno stile che sta vivendo il suo massimo splendore, grazie anche all’oculatezza di etichette come la Darknagar Records o, sempre rimanendo in territorio russo, Solitude Production e BadMoodMan Music. Intrigante la strumentale “Euphoria”, capace con il suo ritmo incalzante, ma al contempo atmosferico, di instillare un vortice di emozioni contrastanti nell’animo dell’ascoltatore. Un arpeggio apre “For Your Light”, song che gioca ancora una volta la carta “prova eccezionale del proprio vocalist” che, alternandosi tra un growling convincente e quel cantato tipicamente disperato alla Aaron Stainthorpe, garantisce al risultato finale, una elevata qualità. La prova strumentale degli altri membri non è poi da meno, con un riffing portante massiccio, ma sempre pervaso da una componente melodica, malinconica e drammatica assai importante, capace costantemente di portare vibrazioni nelle orecchie ma soprattutto nel cuore di chi li ascolta. Sono sorpreso e compiaciuto di questa prova degli Inner Missing, a conferma del fatto che questo genere, che sembrava essersi perduto in passato, con la virata verso altri lidi da parte dei Paradise Lost e dei già citati Anathema, oggi goda invece di tutto questo interesse e possa mostrare band di assoluto valore come i russi di quest’oggi. Ora sono curioso di ascoltare il nuovissimo “Escapism”. (Francesco Scarci)

(Darknagar Records)
Voto: 80