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domenica 10 novembre 2019

FrostSeele - Kalte Leere

#PER CHI AMA: Melo Death/Post Rock, Insomnium
La one-man-band di quest'oggi l'avevo recensita in occasione del debut del 2012, 'PrækΩsmium'. Da allora il mastermind teutonico ha rilasciato uno split e un paio di EP, di cui l'ultimo è questo 'Kalte Leere'. Mi sono domandato come sia cambiata la musica del factotum di Baden-Württemberg dal 2012 ad oggi, e quindi eccomi a raccontarvelo. Il nuovo lavoro si apre con le tenui melodie di "Kalt", una sorta di lungo incipit acustico (almeno per i primi tre minuti) su cui poggiano le spoken words del carismatico leader, prima che negli ultimi 90 secondi si sprigionino le forze oscure della compagine tedesca. L'apertura di "In Traumhaft" mostra un beat simil-elettronico, che lascia presto il posto ad atmosfere più ragionate, soffuse e malinconiche, con la voce pulita di Mr. FrostSeele ad alternarsi con il gracchiare di Danny, l'ospite del disco. La linea melodica della song ha sicuramente una certa presa per il sottoscritto che per certi versi mi ha ricondotto all'arioso sound finnico di Throes of Dawn o Insomnium. "Der Dunkle Zenit" ha un incipit più alternativo, anche se poi il sound dei nostri si muove sempre verso coordinate che ormai si sono svuotate della loro componente black per assumerne una più votata ad un ipotetico ibrido tra post-rock e la freschezza del death melodico di matrice finlandese. Francamente, il risultato è più che soddisfacente, pur non facendo certo gridare al miracolo. "[ ]" è l'ultimo enigmatico pezzo, visto anche un titolo di questo genere: l'inizio sembra suggerire quasi un trip hop di scuola britannica, per poi muoversi su suoni tipicamente post-rock, forse la nuova direzione artistica intrapresa dal polistrumentista tedesco, per una nuova interessante tappa della discografia dei FrostSeele. (Francesco Scarci)

sabato 2 giugno 2012

Frostseele - Praekosmium

#PER CHI AMA: Black dalle tinte Folk, Negura Bunget
Sono innamorato, si innamorato, non di una bella ragazza (c’è spazio anche per quella sia chiaro), ma di un mondo, l’underground, che cela tra le sue viscere una moltitudine incredibile, direi pazzesca, di band e non di band qualsiasi che hanno ben poco da dire, sono banali, piatte o scontate, ma di validi gruppi che hanno il potenziale di offrirci splendide cose. Questo cappello introduttivo per dire che i teutonici Frostseele, di cui mi occupo quest’oggi, appartengono ad un mondo veramente sotterraneo, che solo il grande potere di internet, mi ha concesso il privilegio di dischiudermelo. L’ensemble germanico è in realtà una one man band, capitanata proprio da Mr. Frostseele, aiutato da un trio di session men, in grado di proporci un black metal dalle tinte sinfoniche e malinconiche, che scorre per cinque lunghissime tracce. Vi basti infatti pensare che la opening track, “Die Architetktur Des Seins”, dura 15 minuti, in cui il mastermind tedesco, viaggia su un mid tempo ragionato, senza mai premere il piede sull’acceleratore, ma dando largo spazio a suadenti melodie, forse complici le basiche ma efficaci tastiere, ma soprattutto le sognanti linee di chitarra, sempre orecchiabili e facilmente immagazzinabili nella mia memoria. Immancabili gli inserti acustici, che trovano ampio respiro e che donano quel pizzico di folklore, che non guasta mai in simili produzioni. Le gracchianti vocals, per quel poco che vengono utilizzate (“Diagnose” è strumentale ad esempio), hanno un che di disperato, totalmente in linea con la proposta dell’act teutonico, che in taluni frangenti, si affaccia anche in quel mondo depressive black, tanto in voga nell’ultimo periodo. Ma sono principalmente le autunnali parti arpeggiate a farla da padrone in questo “Praekosmium”; lunghissima e dal fortissimo sapore etnico in “Du”, che mi fa totalmente dimenticare di avere nel mio stereo un lavoro di black metal, se non fosse per quella sua serrata parte finale che mi fa inevitabilmente pensare ad una proposta di post black nella vena dei sempre più menzionati Wolves in the Throne Room. Affascinanti, non c’è che dire. Mi abbandono alla freschezza delle melodie partorite dai Frostseele, lasciando guidare i miei sensi e le mie percezioni, abbandonando la mia anima alla natura folk della successiva “Tabula Rasa” (altra strumentale), in cui mi pare faccia la sua comparsa anche un invasato violino. A chiudere questo piccolo gioiellino, ci pensa “Ld 100”. Insomma, che dire, se non di permettere che la musica dei Frostseele, faccia breccia anche nei vostri cuori, non ne resterete delusi. (Francesco Scarci)

(Self)
Voto: 75