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giovedì 19 giugno 2014

Ea – A Etilla

#PER CHI AMA: Funeral doom, Ahab, Monolithe
È con estremo piacere che mi cimento nella recensione di questa quinta fatica in studio degli Ea. Al solito, per chi già li conosce (altrimenti mi permetto di farlo presente a coloro che ignorano l’esistenza di questa creatura oscura), i ragazzi non lasciano trapelare nulla che vada appena al di fuori delle note registrate in questo disco. Gli Ea (ma per quanto ne sappiamo potrebbero essere pure una one man band, chissà…) negli anni ci hanno abituati ad un suono votato alla terra, possibilmente adombrata e, tutt’al più, appena rischiarata da sfuggevoli raggi di luce crepuscolare. Criptici (dicono di provenire dalla Russia, sempre ammesso che questo corrisponda al vero), adornano le loro composizioni con sintetici testi scritti in un misterioso idioma antico, ricavato e ricomposto sulla scorta di studi archeologici, ed anche a tal proposito qualche dubbio può lecitamente sorgere. Quale che sia lo scopo ultimo di tutto questo mistero, di assolutamente pacifico e, per una volta, ben illuminato dalla luce del sole c’è un talento non comune emerso sin dal primo lavoro e maturato album dopo album. Notevole la capacità della band di affrontare (trionfalmente) il ben difficile salto da una struttura basata su lunghe ma separate composizioni ad un’unica suite, e questo è il secondo monolite che i Nostri partoriscono, segno di una ormai confidenza raggiunta in tal senso. Ci troviamo di fronte, per lo meno per chi scrive, al loro miglior lavoro ed, in ogni caso, a quanto di più accessibile faccia parte della loro discografia (il che è tutto dire!). Ciò che di ostico poteva essere ritrovato nei precedenti capitoli qui è stato adeguatamente smussato e levigato, senza perdere una virgola di quegli elementi di solennità ed epicità sonora che ne rappresentano senza dubbio il marchio di fabbrica. Il songwriting maturo ci dà in pasto un unicum scevro di quei momenti (per fortuna pochi) a volte vuoti, o lungaggini, che potevano essere riconosciuti specialmente nei lavori d’esordio. Di pregio l’utilizzo più marcato e convinto della doppia cassa, portando il disco a muoversi su granitiche ritmiche capaci di accelerazioni ed improvvisi rallentamenti, continuando quanto intrapreso già nel precedente album. Il riffing delle chitarre non ha subito grandi variazioni rispetto al passato, sempre portante nell’intrecciare la struttura di ogni singolo passaggio; immancabile il tappeto melodico-onirico delle tastiere a fare da supporto, nonostante un’evidente ridimensionamento dato a questo strumento rispetto agli esordi, il che non è affatto un demerito. Qua e la fa capolino l’onesto growling del vocalist, sicuramente non il migliore in circolazione, ma ben oltre la sufficienza. Solo un rapido accenno al finale, molto diverso dal loro solito in quanto quasi “tronco” rispetto alle abitudinali lunghe scie tastieristiche. Ma al di la degli aspetti tecnici, ciò che conta nell'intraprendere l’ascolto di un qualunque disco degli Ea è l’atmosfera che sono in grado di creare, capace di trasportarci in un mondo buio e meraviglioso ma non terrificante, lento ma non opprimente, epico ma non vagheggiante e dove la sensazione di smarrimento non si connota negativamente, perché alla fine si ritrova la strada di casa quasi d’improvviso. Gli Ea sono una realtà nel panorama funeral doom che ormai non si può più ignorare… se mai decideranno di mostrarsi, saranno accolti e acclamati a gran voce dal popolo delle odissee musicali. Sicuro. (Filippo Zanotti)

(Solitude Productions - 2014)
Voto: 85

mercoledì 13 giugno 2012

Ea - Ea

#PER CHI AMA: Funeral Doom, Skepticism, Thergothon
Che le porte dell’inferno si aprano a voi. Benvenuti ancora una volta nel tetro antro della bestia. Gli Ea sono tornati, con quello che è il quarto capitolo della loro discografia. L’enigmatica band russa questa volta supera se stessa in fatto di numero di song e si limita a proporci una lunga suite di 47 strazianti minuti di funeral doom. Ripartendo laddove avevano lasciato con il precedente capitolo, “Au Ellai”, gli Ea (il cui nome si rifà a quello di una divinità babilonese) aprono questa nuova release con dei lugubri tocchi di pianoforte, che si rivelerà la vera anima del cd. Poi ecco i piatti ed infine il lento tribolare delle chitarre, lente, sovrane e dilanianti, prima che il vocalist soverchi con il suo orrorifico growling, il sound dei nostri. Torna la lente marcia funebre ad accompagnarmi nell’ascolto dell’omonimo capitolo degli Ea. Gli ingredienti per descriverne il sound, rimangono quelli di sempre: ritmiche oscure, estremamente malinconiche e decadenti, dal lentissimo e pesantissimo incedere, deprimente e soffocante. Dopo 13 minuti, ecco il primo squarcio di luce nel cielo plumbeo degli Ea: un riffing abbandona il desolante gelo creato fino ad ora, per infondere un po’ più di calore nella fredda notte della taiga russa, ma poi ecco poi il sound dei nostri ripiombare nuovamente negli abissi. Mi ridesto al minuto 26, quando a fare capolino è un’eterea voce femminile. La cosa inizia a farsi ancora più intrigante, l’atmosfera è ariosa, assai melodica, ma in paio di minuti il ghiaccio paralizzante di cui è intriso il sound degli Ea, freeza l’immagine, ne fa una istantanea, da cui è difficile mobilizzarsi. Le mie gambe sono come inglobate dalle sabbie mobili. Un nuovo fulmine si staglia nel buio paesaggio notturno: un assolo da panico che per due, tre minuti, blocca il battito del mio cuore. Una sorta di Pink Floyd in versione funeral, che tormenta abilmente il mio io interiore, con un dolore portato all’esasperazione totale, la cui unica soluzione è la fine di tutto. Il nulla. Se avete bisogno di abbandonarvi in una catartico flusso emozionale “Ea” è ciò che fa per voi, ma attenzione ad abusarne, vi potrebbe portare al suicidio… (Francesco Scarci)

(Solitude Productions)
Voto: 75

giovedì 27 ottobre 2011

Ea - Au Ellai

#PER CHI AMA: Funeral Doom
Ultimamente ho avuto il piacere di ascoltare questo gruppo che non conoscevo assolutamente. La band si chiama Ea, arriva dalla fredda Russia, questo “Au Ellai” rappresenta il loro terzo album, il primo risale al 2006 “Ea Taesse” (del 2009 invece “Ea II”). La particolarità che mi ha colpito in primis è il nome (Ea infatti è una divinità che deriva dalla mitologia Accadico-Babilonese e che ritroviamo anche in quella sumera con il nome di Enki); in secondo luogo, la lingua con cui cantano e scrivono i testi. Difatti la lingua che sentirete nell’ascolto (almeno per quanto riportato nel web) si è potuta ricreare tramite ricerche archeologiche. Già solo ciò sembra promettente e stuzzicante, per chi come me è appassionato di mitologia e civiltà antiche. Il cd è formato da 3 lunghissime tracce, aperte da “Aullu Eina” che dura la bellezza di 23 minuti. Come apripista è ottima e ci fa capire subito come suonerà l’album: funereo e cupo, con la chitarra impostata su un tono rilassante, sempre ben ritmata, accompagnata da un drumming lento e sinuoso. Il pezzo suona quasi come una epica, dannata e nera marcia funebre, assai complesso nel suo evolversi: ottimi arpeggi, delicati tocchi di pianoforte e parti classiche affidate a malinconici violini che si intersecano in lugubri atmosfere. Il pezzo ha una virata verso la parte finale dove la batteria si fa più violenta, ma passato questo attimo di risveglio, ci si può rimettere a sognare le oscure e cupe atmosfere che l’act sa creare. L’ascolto del cd è impegnativo per la durata dei pezzi, ma posso dire che è assai piacevole ascoltarlo proprio perché non stordisce ma anzi, quasi lo consiglierei per meditazione. Le altre track non si discostano molto dalla prima, presentando costantemente il tema tipico funeral. Ecco, ne consiglio l’acquisto e l’ascolto ai soli amanti del genere. Questi ragazzi russi hanno trovato le loro atmosfere, il loro mondo, e sono sicuramente da tenere d’occhio. Il cd si conclude con la track “Nia Saeli a Taitalae”. Già dal suo inizio si stagliano sullo sfondo tastieristico cori gregoriani, che ci fanno entrare in una dimensione mistica, sognante, rilassante, ma allo stesso tempo dannata, cupa, oscura. Il pezzo dura altri 18 minuti, e non abbandona mai le ambientazioni iniziali anzi le cavalca fino alla fine, fino ad accompagnarci al termine di questo funebre viaggio nel mondo dei Ea. A nostro parere, per la particolarità della proposta, diamo un voto alto e un plauso a questi ragazzi; vi terremo sicuramente d’occhio! (PanDaemonAeon)

(Solitude Productions)
Voto:75