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domenica 15 maggio 2022

Barús - Fanges

#PER CHI AMA: Prog Death/Sludge
Ricordo di aver positivamente recensito i Barús in occasione del loro EP omonimo nel 2016, bollandoli come una versione più violenta dei Meshuggah. La band che ritrovo oggi mostra un rinnovato spirito che probabilmente è passato attraverso il claustrofobico esordio su lunga distanza rappresentato da 'Drowned' e che arriva oggi a questo nuovo e particolare EP di due pezzi intitolato 'Fanges', che mi restituisce, come dicevo, una band assai diversa rispetto al passato. Si perchè la title track che apre il disco, nei suoi 19 minuti, mostra un piglio decisamente compassato (in alcuni frangenti addirittura ambient) per quasi nove giri d'orologio, con un incedere ipnotico che trova sfogo in un post death metal a tratti sghembo e questo rappresenta un po' il punto di forza del quartetto originario di Grenoble. Le vocals si muovono poi tra equilibrismi death e altri più puliti, mentre le melodie oscillano tra ammiccamenti ai The Oceans e ingarbugliamenti catramosi che evocano Ulcerate e gli stessi Meshuggah d'inizio recensione. Il brano si arresta un paio di minuti prima dell'epilogo, lasciando spazio ad una parte acustica di cui francamente non ho ben capito la funzione, ma andiamo avanti e facciamoci investire da "Châssis De Chair", un pezzo decisamente più old style, essendosi affidato a sonorità più death oriented. Ma i nostri oggi amano contaminare il proprio sound con suoni più atmosferici, sludgy, riflessivi, storti e distorti, senza tralasciare il fattore imprevedibilità, tutte caratteristiche che eruttano nel corso del quarto d'ora affidato alla seconda song. I riffoni, di scuola polifonica, rimbombano nelle nostre casse con un'intensità ed una violenza davvero poco rassicuranti. I riff si confermano, anche nei momenti più ragionati, tortuosi dall'inizio alla fine della bagarre e vanno ad accompagnare le oscure growling vocals di Mr K. Insomma tanta carne al fuoco per sole due song a disposizione credo possa essere presagio di grandi cambiamenti in casa Barús. Staremo a sentire cosa ci riserva il futuro con maggiore curiosità. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2021)
Voto: 75

https://barus.bandcamp.com/album/fanges-ep

sabato 12 marzo 2016

Barús - S/t

#PER CHI AMA: Black/Techno Death, Meshuggah, Aevangelist, Gorguts
Che la Francia sia in fibrillazione non lo scopriamo certo oggi. In ogni angolo del paese transalpino spuntano come funghi, brillanti realtà musicali che provano ad emulare gli act più famosi che si sono fatti strada nella scena estrema mondiale. Dalle Alpi francesi e da Grenoble per l'esattezza, ecco arrivare i Barús, supportati dalla Emanations, sublabel della Les Acteurs de l'Ombre Productions. Il quintetto, che conta tra le sue fila anche un paio di membri dei Maïeutiste, aggredisce con un death metal iper tecnico che ha tra i suoi riferimenti quasi inevitabilmente i Meshuggah. Tuttavia l'approccio dei Barús appare più violento dei colleghi svedesi, con delle ritmiche davvero spaventose e altrettanto sghembe. Il muro sonoro che si mostrerà davanti a voi in "Tarot" è un qualcosa davvero difficile da scalare, sembra quasi non vedersi la fine. Le chitarre macinano riff vertiginosi mentre il vocalist si prodiga nell'offrire demoniache vocals in cui growling e screaming si sovrappongono spaventosamente mentre il batterista si diletta in una prova da urlo dietro le pelli. Che serva una grande tecnica per proporre un genere cosi difficile è ben chiaro, ma qui siamo palesemente di fronte a dei musicisti davvero bravi. D'altro canto proporre un genere che chiama in causa i gods scandinavi ma anche le disturbanti visioni di Aevangelist o Portal, rilette in chiave meno claustrofobica, non è certo qualcosa che si possono proporre tutti di fare. "Disillusions" è forse un pezzo più classico, che colpisce però per un cantato il cui growling suggestiona per la veste più spettrale che assume nel corso del brano ma anche per un breve ma notevole approccio pulito. Il sound dei Barús si muove invasato tra stop'n go, parti arpeggiate, momenti di quiete e caos totale, in variazioni di ritmo spaventose. Questa particolarità rende ovviamente la proposta dei nostri di non cosi facile approccio, soprattutto alla luce di una musica che continua a variare nei seppur brevi 23 minuti di questo EP. "Chalice" è un angosciante pezzo marziale che cattura e ipnotizza per la ridondanza delle sue ritmiche capaci di scardinare i confini della musica estrema andando oltre, conducendoci ai limiti della follia umana. I Barús sono dei folli, ora mi è più chiaro e il riffing iniziale di "Cherub", che evoca nella mia memoria gli Akercocke, me lo conferma. Il sound è decisamente lugubre, con schizoidi cambi di tempo che chiamano in causa ancora Gorguts e Mithras, a completare il quadro di psicosi che affligge questi cinque francesi. Questo è decisamente un disco di pregevolissima fattura ma dall'ostico impatto. Mi raccomando ora, usatelo con estrema cautela. (Francesco Scarci)

(Emanations - 2016)
Voto: 75