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sabato 20 febbraio 2016

Łinie - What We Make Our Demons Do

#PER CHI AMA: Alternative/Stoner/Protometal, Tool
Disclaimer: questo è un disco importante, per cui poco male se decidete di non leggere oltre, ma se decidete anche di non dargli un ascolto, sappiate che state probabilmente facendo un grosso errore. L’oceano di produzioni piú o meno metal (sui generis, tanto per capirsi) negli ultimi anni si è fatto davvero sconfinato, ed esplorarlo tutto in lungo e in largo è impresa inumana, destinata a fallire miseramente, eppure ogni tanto (molto raramente, purtroppo) capita di imbattersi in qualcosa che si staglia per originalità e personalità risultando, di fatto, inaudito. I Łinie sono un quintetto tedesco, sulle scene dal 2012, formato da Jörn Wulff (voce, chitarra), Alex Wille (chitarra, voce), Alex Bujack (batteria, voce), Ralph Ulrich (basso, voce) e Alex “Iggi” Küßner (tastiere, elettronica) che definisce la propria musica con tre parole perentorie e molto precise: desert, noise, darkness. Dopo essermi scervellato per descrivere quello che fanno, devo arrendermi e riconoscere che non puó esserci definizione migliore per questo originale coacervo di influenze e suggestioni. Dovendo cercare di descrivere a parole i 40 minuti di questo esordio sulla lunga distanza, dopo il demo del 2014 'Negative Enthusiasm', punterei l’attenzione su tre aspetti chiave: la base della musica dei Łinie è una sorta di alternative-stoner-protometal come potrebbe essere quello dei Tool piú viscerali e meno cerebrali, quelli di 'Undertow' e 'Aenima', innervata peró di giuste dosi di elettronica mai invadente ma sempre perfettamente integrata, il tutto reso davvero unico da un cantato che si discosta nettamente dai canoni del genere, tanto che Wulff, col suo timbro profondo e bluesy, sembra quasi un novello Glenn Danzig. Il pezzo d’apertura, “Blood on your Arms” non fa progionieri coi suoi riff granitici, il drumming potente, un synth sinuoso e il maestoso declamare del cantante. Il resto del programma fila via senza cedimenti e nemmeno un riempitivo, tra citazioni tooliane ("The City", "Lake of Fire") e accelerazioni stoner ("Non Ideal"), ci sono vere e proprie gemme come “Inability”, “Designate”, o la conclusiva, bellissima, “Natural Selection”, che fa quasi pensare a una versione sludge dei Depeche Mode. Il tutto è sempre fortemente caratterizzato dal particolarissimo modo di cantare di Wulff, che ha un timing e un modo di stare sulla battuta tutto suo, riuscendo a donare quel tocco scuro e minaccioso che aleggia in tutto il lavoro, a partire dall’inquietante immagine di copertina. Album sorprendente, che rasenta la perfezione, in cui tutto, produzione, chitarre, ritmica, tappeti sintetici e voce, concorre a definirne la bellezza epica, allo stesso modo glaciale e rovente. Łinie. Segnatevi questo nome. (Mauro Catena)