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mercoledì 12 luglio 2017

Disharmony - Goddamn the Sun

#PER CHI AMA: Hellenic Death Black Metal, Rotting Christ
Ricordo perfettamente quei primissimi anni '90 e il fermento musicale che c'era in Grecia: sul mercato europeo si affacciavano i Rotting Christ e i Zemial con i loro rispettivi EP di debutto, 'Passage to Arcturo' e 'Sleeping Under Tartarus'. Varathron, Thou Art Lord, Septic Flesh e Necromantia muovevano i primi passi attraverso demo e split album, mentre il sottoscritto cercava tapes di band underground quali Dion Fortune e Disharmony. Non sembra essere cambiato nulla da quegli anni, nemmeno musicalmente, il sound ellenico non ha mutato la propria pelle, mantenendosi fedele al proprio stile. A distanza di 27 anni dalla loro fondazione, arriva anche il debut fin troppo agognato dei Disharmony, 'Goddamn the Sun', che mantiene intatto quel magico sound nato quasi tre decadi fa. Sebbene l'intro "Invocation - Troops of Angels" soffra di qualche reminiscenza gotica dei Cradle of Filth di 'The Principle of Evil Made Flesh', risulteranno poi palesi i punti di contatto di "The Gates of Elthon" con i primi Rotting Christ, in un death black ammantato di un mistico alone e che vede punti di contatto con la band di Sakis e compagni, anche nel modo di cantare di Damien King III, l'unico superstite della formazione originale, e nelle ritmiche incentrate su un riffing scarno e su di una tribalità di fondo. "Elochim" è un gran bel pezzo che si muove su di una ritmica a cavallo tra thrash e black, e che a livello solistico, strizza l'occhio al classico heavy metal degli anni '80, questo per ricordare ai fan dove risiedano le origini dei nostri, dimostrato peraltro anche da un sound non propriamente pulito, ma che serve a ristabilire quel mood primordiale che si ritrovava nei loro demotapes. E in "Summon the Legions" sono palesi non solo i riferimenti musicali ad un death black thrash che richiama anche i primissimi Bathory, ma anche lirici, con l'invocazione a tutti gli angeli caduti, Azazel, Samael e Satana. Il disco prosegue piacevolmente in questa direzione con pezzi che mostrano il classico sound ellenico, fortunatamente riservando anche qualche sorpresa ad un tema che rischierebbe di risultare poi davvero scontato: in "War in Heaven" ecco apparire una strana e flebile voce femminile a fare da contraltare al growling del frontman greco. "Rape the Sun" ha un andamento decisamente più lento, quasi doom; però la song, per quanto goda di buoni arrangiamenti a livelli di keys, non è decisamente una delle migliori cose uscite dalla discografia dei Disharmony, che tornano a convincere maggiormente con "Whore of Babylon", un pezzo più breve, decisamente melodico e carico di pathos, cosi come la tradizione ellenica pretende e tra l'altro sciorinando un bell'assolo conclusivo. Ci avviamo verso la conclusione del disco e rimangono da ascoltare "The Voice Divine" e "Third Resurrection": il primo è un normalissimo pezzo black thrash, che non aggiunge granché a quanto detto sinora, anzi rimane sottotono rispetto agli altri brani del disco. Il secondo invece, mostra il lato più epico e magico dei Disharmony che ci riconduce per l'ultima volta a quei primissimi anni '90, quando sarebbe stato più giusto che 'Goddamn the Sun' uscisse, per meritare l'attenzione che realmente meriterebbe oggi. Ora, mi sa che è fuori tempo massimo e farà la gioia probabilmente solo dei vecchi nostalgici di quel mistico e mitico hellenic sound che per molti anni ha rappresentato la culla di un genere unico ed inimitabile. (Francesco Scarci)

(Iron Bonehead Productions - 2017)
Voto: 70

https://disharmony108.bandcamp.com/album/goddamn-the-sun-2